Buongiorno Reader
questa è la mia newsletter che riguarda l’impatto della tecnologia nelle nostre vite, nel lavoro e nelle relazioni.
Iniziamo con tre cose:
- Te lo dico subito: la grande news che ti avevo promesso di annunciare oggi, per motivi (tecnici) è rimandata alla prossima newsletter. Non sto più nella pelle.
- Oggi inizio una nuova collaborazione con Bristol Myers Squibb, venerdì sarò a Firenze per un progetto sul digital detox con la Regione Toscana e poi nel pomeriggio a Siena per il Premio Saggistica della della comunicazione all'Università di Siena.
- Ieri sera (Sanremo) ho ascoltato la canzone di Cristicchi. Ho pianto. Quando le parole...curano.
Tre, due, uno. Partiamo.
🎧 Wooow, lo sai vero che ogni martedì esce una nuova puntata del mio nuovo podcast?
In questa puntata parlo di "tecnologia e smart working: libertà o prigionia?" QUI SU SPOTIFY
"Sto facendo bene? E ora?"
C'è qualcosa di surreale nel trovarmi in palestra due volte a settimana a quasi 42 anni.
Dev'essere proprio un allineamento planetario particolare, come dicevo qualche newsletter fa.
Ma non è questo il punto. Il punto è che mi sono ritrovato a vivere una di quelle situazioni apparentemente banali che poi ti fanno riflettere su qualcosa di molto più grande.
Eccomi qui, alle prese con attrezzi dai nomi che sembrano usciti da un film di fantascienza – lat machine, leg extension – mentre il mio personal trainer è immerso nel suo smartphone, probabilmente a sistemare la formazione del fantacalcio.
Mi ritrovo spesso a chiamarlo: "Sto facendo bene? E ora?".
Come un bambino che cerca approvazione, un sorriso, uno sguardo, io, a quasi 42 anni.
La prima reazione è stata quella più ovvia: irritazione.
"Ho pagato per la tua attenzione!" urlava una vocina nella mia testa.
Ma poi è successo qualcosa di interessante.
Ho iniziato a guardare oltre, a vedere la persona dietro il ruolo. Il suo stile di vita.
Ho visto qualcuno che passa le sue giornate – dalle 6 alle 21 – in un ambiente artificiale, con poca luce naturale, aria condizionata e, sì, diciamolo, anche qualche aroma non proprio da profumeria di lusso.
È stato come guardare in uno specchio.
Osservando la palestra, noto che non è solo il mio personal trainer a essere catturato dallo smartphone. Molti, tra una serie e l'altra, controllano video su TikTok o scorrono i social media.
Secondo me l'allenamento non riguarda solo i muscoli; è fondamentale allenare anche la mente all'attenzione.
Quante volte anche noi ci rifugiamo nei nostri schermi, nelle nostre distrazioni digitali, per sfuggire alla noia?
È curioso pensare che nelle società preindustriali il concetto stesso di noia non esistesse.
C'era spazio per il vuoto, per il pensiero che vaga, per la contemplazione. Oggi riempiamo ogni secondo con uno scroll, una notifica, un contenuto "imperdibile".
Lo diceva già Pascal nel 1600:
"non sappiamo stare soli in una stanza con i nostri pensieri".
E Kierkegaard aggiungeva che:
"la noia è la radice del male, ma l'ozio consapevole è uno stato elevato".
Parole che risuonano ancora più forti oggi.
Mi sono riconosciuto in questo pattern.
Per anni ho combattuto l'irrequietezza accumulando progetti su progetti, idee su idee, sempre in movimento.
L'essere spesso "indaffarati" come scudo contro il vuoto. Finché non ho capito che era solo un'altra forma di fuga.
Leggevo recentemente "Cosmic Connections" di Charles Taylor (Harvard 2024), dove parla del nostro bisogno di una connessione cosmica, di un legame con il mondo che ci circonda capace di "evocare gioia, significato e ispirazione". ( se vuoi approfondire, qui un pezzo interessante)
Mi ha fatto pensare:"quand'è stata l'ultima volta che ci siamo fermati a guardare la luna piena"?
Che abbiamo alzato gli occhi al cielo invece di chinarli sullo smartphone?
È come se tra noi e il mondo ci fossero infiniti "404 error" – collegamenti spezzati da riparare.
Il vero "link" non è quello che ci connette a internet, ma quello che ci lega a ciò che sta sopra le nostre teste, intorno a noi, dentro di noi.
Stasera, mentre scenderò a buttare l'umido (la poesia del quotidiano!), alzerò lo sguardo al cielo. Anche perché ci sarà una bellissima luna piena.
E forse, in quel momento, capirò che lo sguardo che cerco dal mio personal trainer è lo stesso che dovrei dare più spesso al mondo: un'attenzione piena, presente, connessa.
Perché alla fine, che sia in palestra o sotto le stelle, tutto si riduce a questo: la capacità di essere presenti, di guardare davvero, di connettersi.
E tu, quando è stata l'ultima volta che hai alzato lo sguardo?
Consiglio di oggi? Che tu sia in palestra, a passeggiare nel bosco o al parco con tuo figlio o nipote, metti via il cellulare. Allena la presenza.
Ricorda, la vera connessione non è digitale, ma quella che ci lega al momento presente e alle persone intorno a noi.
E chissà… forse noterai qualcosa che non avevi mai visto prima.
Grazie a tutti e tutte le iscritte al Reset Retreat nell'eremo del 1200. Siamo al completo.