Buongiorno Reader
questa è la mia newsletter che riguarda l’impatto della tecnologia nelle nostre vite, nel lavoro e nelle relazioni.
Iniziamo con tre cose:
- Oggi la newsletter arriva più tardi perché stamattina ho giocato con mio figlio.
- Ci vediamo al Festival dell’Economia di Trento? Vedi qui
- Sto ricevendo alcune richieste per il prossimo Reset Retreat. Ti anticipo che ci stiamo lavorando.
Tre, due, uno. Partiamo.
quando smetti di fingere?
C’è un momento in cui smetti di fingere.
Il Reset Retreat è stato questo: uno spazio dove nessunə ha dovuto mentire.
Dal 15 al 18 maggio ho condotto il Reset Retreat in un convento del 1200, immerso tra i verdi boschi dell'Umbria.
Sedici persone. Un tempo sospeso.
Niente telefoni. Nessun rumore superfluo. Tanta umanità.
Abbiamo condiviso silenzi, canti, parole e intimità.
E soprattutto, ci siamo concessi il lusso raro di non dover essere nessunə.
Solo noi stessə. Senza filtri, senza performance.
Nessuno sapeva che lavoro facesse l’altrə.
Nessuno aveva bisogno di dirlo.
In quei giorni, non eravamo le nostre professioni.
Eravamo corpi, voci, emozioni.
E questo ci ha resi liberə.
Non è stato un semplice retreat.
È stato un ritorno.
Nel luogo dove la mia vecchia vita si è fatta in pezzi.
E dove ho iniziato, davvero, a scegliere chi desideravo diventare.
Monteluco non è stato solo un luogo.
È stato un tempo sacro.
Uno spazio vuoto dove togliere, più che aggiungere.
Dove smettere di essere “bravə” per iniziare a essere verə.
In questi giorni sto ricevendo testimonianze forti, come quella di Lucia. (qui sotto). Grazie di cuore Lucia e tutti gli altrə.
Qui quello di Alberto.
Mi ha colpito perché dice una cosa semplice, ma potente:
“Un coach generoso e fuori dal comune.”
E sai una cosa?
Io non credo di essere fuori dal comune.
Credo, piuttosto, che oggi essere normali - cioè coerenti, presenti, veri - sia diventato straordinario.
Viviamo in un mondo dove si cambia idea ogni cinque minuti,
dove si promette senza mantenere,
dove si dice “ci sentiamo” e poi non ci si sente più.
Essere normali oggi significa avere il coraggio di dire ciò che pensi e fare ciò che hai detto.
Significa essere la stessa persona online e a tavola con gli amici, non un profilo costruito e poi un’anima in fuga.
Non è straordinario essere veri.
È umano.
Ma siccome l’umano lo stiamo dimenticando,
allora chi lo vive viene visto come raro.
Io (come tu del resto) non voglio essere raro.
Voglio solo restare fedele a me stesso,
e costruire relazioni e spazi dove questa normalità sia possibile.
Dove non devi recitare.
Dove puoi respirare.
e proprio per questo, voglio confessarti una cosa
C’è stato un tempo in cui dicevo sì a tutto.
Per non deludere. Per non perdere. Per non essere dimenticato.
Ma ogni volta che dicevo “sì” a ciò che mi svuotava, dicevo “no” a me.
Mi sembrava generosità.
Era autosacrificio mascherato.
Un modo elegante per abbandonarmi.
Poi ho capito:
La paura è amore degradato.
Paura di non essere visto.
Di non essere scelto.
Di non valere, se non sei utile o sempre connesso.
Ma l’amore vero non si svende.
Si custodisce.
Così ho iniziato a dire “no” per amore.
Non per chiudermi. Ma per restare integro.
Non servono montagne o ritiri per farlo.
Serve solo trovare il nostro convento quotidiano.
Quel luogo interiore in cui possiamo fermarci, respirare, ritrovarci.
Un tempo. Uno spazio. Dentro.
Difficilissimo. Ma non impossibile.
E sai quando ci perdiamo davvero?
Quando iniziamo a sacrificare il rispetto:
per noi,
per il nostro tempo,
per la parola che abbiamo dato.
Viviamo in una cultura digitale che ci ha abituati a cancellare tutto:
una foto, un messaggio, una conversazione.
Clicchi “elimina”, “modifica”, “visualizza senza rispondere”…
e pensi che valga anche per le relazioni.
Ma la parola data non si cancella come una story.
È ciò che ci tiene in piedi. Che ci definisce.
Il rispetto è amore che ha imparato a dire no.
Rispetto è proteggere il tuo tempo sacro.
Anche se sembra egoismo.
Anche se qualcuno ti farà sentire in colpa.
Rispetto è scegliere chi ti nutre, non chi ti svuota.
È ascoltare la pancia quando dice “qui non stai bene”.
È smettere di rincorrere chi ti ignora, e custodire chi ti guarda davvero.
è rispetto, oggi, può voler dire questo:
“Ti posso aggiungere in un gruppo WhatsApp?”
No. Perché quel no è un sì a me stessə.
“Ti va una call al volo?”
No, non al volo. Il mio tempo non è un avanzo da riempire.
“Ma dai, che ti costa venire?”
Me stessə. E io non me lo voglio più togliere.
Rispetto non ha bisogno di giustificazioni.
Ha bisogno di verità.
Anche scomoda.
Un passo alla volta.
Con cura. Con attenzione.
a.
è online il programma del Digital Detox Festival!
Dopo quasi 6 mesi di lavoro, confronti, (arrabbiature) e ore rubate ad altro, siamo felici di mostrarvi cosa sta prendendo forma.
Mancano ancora alcuni dettagli e qualche nome da inserire 😉, ma al 90% ci siamo.
E questo non è solo un programma: è il cuore di un progetto che parla di presenza, consapevolezza e riconnessione.
👉Scopri tutto su https://www.digitaldetoxfestival.it/programma/
🗞️ la notizia della settimana
una notizia interessante di questa settimana sul digital detox riguarda l'ascesa dei ritiri digitali come nuova tendenza nel turismo del benessere.
Secondo un articolo della BBC pubblicato l'8 maggio 2025, sempre più persone cercano esperienze di viaggio che offrano una pausa dalla tecnologia, optando per soggiorni in luoghi privi di Wi-Fi.
Ma la verità? Non basta togliere il segnale. Serve qualcunə che ti accompagni nel silenzio che resta.
Perché disconnettersi è facile. Ritrovarsi, molto meno.