👵 anche tua nonna è su TikTok?


Buongiorno Reader

questa è la mia newsletter che riguarda l’impatto della tecnologia nelle nostre vite, nel lavoro e nelle relazioni.

Iniziamo con tre cose:

  1. Questa sera sarò al Circolo dei Lettori di Torino per la presentazione del libro “Social Fame” della Dottoressa Laura Dalla Ragione. Parleremo di social media e disturbi alimentari, un tema delicato e urgente. (vedi immagine sotto)
  2. Domani, 8 maggio, sarà una giornata speciale:
    alle ore 11:00, a Milano (Cascina Cuccagna), si terrà la conferenza stampa ufficiale del Digital Detox Festival.
    Sempre l’8 maggio uscirà anche un mio articolo su Donna Moderna, a cui tengo molto.
  3. Il 13 e 14 maggio sarò a Lecce come relatore in un evento privato dedicato al tema Digital Detox & turismo.
    Due giorni di confronto intenso con relatori d’eccezione, tra cui anche il Vice Presidente del Senato.

Tre, due, uno. Partiamo.


Il giorno in cui ho visto le nonne scrollare in chiesa

Ci sono immagini che fai fatica all’inizio a toglierti dalla testa.
Non per quanto erano belle.
Ma per quanto erano tristi.

Sono stato 4 giorni a Ponza.
Ne avevamo bisogno.

Avevo bisogno di rallentare.
Di staccare.
Di togliermi di dosso quella sensazione di essere sempre “dentro qualcosa” — uno schermo, una to-do list, una rincorsa continua, anche per preparare il Digital Detox Festival.

A Ponza, come succede sulle isole, il tempo cambia passo.
Ti prende per mano e ti “costringe” a vedere tutto da un’altra prospettiva.
Il mare è più blu di quanto ricordassi.
Il pane sa davvero di pane.
E quando il rumore si abbassa… ti accorgi. Di tutto.

È in quel silenzio che ho visto due scene che ancora mi girano in testa.
E nel cuore.

scena 1 – la barca

Un’escursione in barca, attorno all’isola.
Giornata perfetta. Mare calmo quanto basta.
A bordo, un gruppo di signori e signore “silver”.
Rughe belle, sorrisi larghi, curiosità viva negli occhi.

Ma poi…
Tutti con il telefono in mano.
Chi riprendeva. Chi zoomava (così tanto che si vedevano i pixel, giuro).
Chi commentava: “aspetta, rifallo che non è venuto bene!”

Sembravano tutti impegnati a documentare l’esperienza.
Non a viverla.
A riprendere il mare… mentre si perdevano il mare.

E lì, qualcosa dentro di me si è stretto.
Ho pensato:

Ma davvero è diventata questa, la nostra idea di presenza?
Guardare solo attraverso uno schermo?

Non era rabbia.
Era dispiacere.
Tenerezza.
Quasi dolore.

E — lo ammetto — anche un po’ di paura.
Perché se succede a loro, che ne sarà di noi?

scena 2 – la chiesa

Poche ore dopo, entro nella chiesa del paese.
Era quasi l’ora del rosario.
Cercavo piccoli momenti di silenzio, raccoglimento.
Quel tipo di spazio che ti riconnette — con te, con qualcosa di più grande. Li chiamo pit stop dell'anima.

Ma il silenzio non c’era.

C’erano quattro signore anziane, sedute vicine.
E tutte avevano il telefono in mano.
Scrollavano Facebook, con quel ditino su e giù, mezzo incerto.
Video con suoni sparati: cagnolini, ricette, pubblicità.
In chiesa. A volume alto.
E nessuna sembrava accorgersi di nulla.

Erano lì. Ma non c’erano.

E lì ho capito una cosa:
la distrazione è un Pac-Man gigante.


E ora si sta mangiando anche i più grandi.
Non i ragazzini su TikTok. Le nonne.

Anche chi è cresciuto in un mondo senza notifiche.
Anche chi, un tempo, ci insegnava a stare fermi, ad aspettare, a osservare.

e allora?

E allora mi sono chiesto — e ti chiedo:
Cosa stiamo perdendo, mentre rincorriamo ogni secondo con lo smartphone in mano?

Abbiamo trasformato ogni cosa in una performance.
Ogni momento dev’essere:

  • fotografato
  • condiviso
  • approvato

Ci alziamo e controlliamo quanto e come abbiamo dormito.
Camminiamo contando i passi.
Cerchiamo l’amore secondo gli algoritmi. E lo chiamiamo libertà.
Riprendiamo la vita… invece di viverla.

ok, e quindi?

Lo so. Forse stai pensando:
"Che male c’è? Tutti lo fanno. Che vuoi che sia una foto in barca? O un video su Facebook?"

Te lo dico senza arroganza:
non è che
non si può fare.
È che c’è un prezzo. Un secondo costo.

E il prezzo è questo:
la bellezza non la senti più.
Ti passa addosso.
Non ti entra dentro.

Perché sei troppo occupato a raccontarla, a dimostrarla.

E poi c’è un altro pensiero, più sottile.
Più scomodo. Ma necessario.

Sì, è vero: stiamo parlando di persone anziane.
Ma guarda bene: è lì che si sta muovendo una fetta enorme del business globale.

La silver economy la chiamano.

Per qualcuno è il nuovo mercato della longevity.
Per altri… è solo il mare della solitudine.

Perché sì, magari hanno più tempo.
Ma troppo spesso ce l’hanno da soli.
E allora quelle foto in barca, quei video mossi, quelle inquadrature pixelate...
forse non sono solo “contenuti”.
Forse sono ricordi da rivedere quando il silenzio, a casa, è troppo forte.

E lì, come fai a giudicare?

e quindi, che facciamo?

Come dice Byung-chul Han:

“Non ci consideriamo più soggetti sottomessi, ma progetti da ottimizzare.”

E a forza di ottimizzare… ci stiamo perdendo.

Ma non ti sto dicendo di mollare tutto e vivere in una grotta.
Neanche io ci riesco. Anche io, ogni tanto, faccio scroll senza senso.
Anche io mi salvo le cose “per dopo” e poi non ci torno mai.

Ti sto solo dicendo: scegli.

Torna a proteggere le cose che non si misurano.


Che non hanno bisogno di essere mostrate per avere valore.
Che restano, anche se nessuno le guarda.

un piccolo invito

Questa settimana, fai una cosa semplice.

Pensa a qualcuno che ami. Magari un genitore, un nonno, una zia.
Guardalo.
Osservalo davvero.
E chiediti:
quanto tempo sta ancora vivendo… e quanto lo sta scrollando?

E poi chiedilo anche a te.
Con dolcezza. Con onestà. Senza sensi di colpa.

perché in fondo...

Non si tratta solo di spegnere un telefono.
Si tratta di non sprecare la vita.


Di non lasciare che i giorni ci passino davanti mentre siamo occupati a registrarli.

Un giorno — e quel giorno arriverà —
non ci sarà più nulla da taggare.


Nessuna storia da postare.
Resterà solo il ricordo di come abbiamo vissuto.
Di quanto eravamo presenti.
Di quello che abbiamo davvero sentito.

E lì, nessun algoritmo potrà contare quanto valeva quel momento.

Non tutto va salvato nella memoria del telefono.
Qualcosa va salvato nella memoria del cuore.


Scopri (quasi tutti) gli speaker del Digital Detox Festival

Scopri tutto su www.digitaldetoxfestival.it/ospiti/


🗞️ la notizia della settimana

Senza telefono non sappiamo più chi siamo. E non è una battuta.
I The Jackal ci fanno ridere, ma il punto è serio:


ci basta restare senza smartphone per perdere il senso dell’orientamento, della sicurezza… e pure della conversazione.


Non è ansia da disconnessione. È crisi d’identità.
Guarda questo video. Ridi pure.


Poi chiediti:
se domani sparisse il tuo telefono… ti sentiresti ancora tu?

video preview

👨‍💻 i link della settimana

  1. Edulia Treccani riflette sull’importanza del digital detox per ritrovare equilibrio tra vita online e offline, offrendo strategie pratiche per gestire meglio la tecnologia e migliorare benessere e relazioni. QUI
  2. L’articolo del Post esplora il meme “toccare l’erba” come invito ironico ma efficace a staccarsi dal doomscrolling e ritrovare benessere nel contatto con la realtà. QUI
  3. Sempre più brand entrano nel mondo del digital detox.
    Anche Tuborg lancia il suo messaggio con “Feel the Drop”, una campagna che punta a risvegliare la Gen Z dal torpore digitale.
    Perché oggi, anche tra i più giovani, 1 su 2 si sente troppo stressato per godersi davvero un momento di piacere. QUI

✏️ la frase della settimana

“La tecnologia dovrebbe servire l’uomo, non sostituirlo nel vivere”


❤️ Diffondere il “verbo del digital wellbeing”

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