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Digital Detox

👁️ Non ho niente da dire?


Buongiorno Reader

questa è la mia newsletter che riguarda l’impatto della tecnologia nelle nostre vite, nel lavoro e nelle relazioni.

Iniziamo con tre cose:

  1. Hai visto le foto e video del Digital Detox Festival? QUI
  2. Hai ascoltato cosa dice Massimo Polidoro del Festival? e il format dell'arpa all'alba? Vedi qui
  3. Vuoi ascoltare la voce di tutti (quasi) i protagonisti del Digital Detox Festival? Grazie al prezioso lavoro di Fede & Edo di Hacking Creativity Podcast. QUI

Tre, due, uno. Partiamo.


nel vuoto, a volte, c’è tutto

È il mio ultimo giorno di lavoro prima della pausa estiva.
Sono a Canazei, tra boschi e sentieri, al summer camp in digital education, un progetto che porto avanti da sette anni con cura e giving back.
Fuori, il sole ha appena toccato la punta della Marmolada. Intorno a me, solo bambini e adolescenti. Dormono ancora.
Dentro di me: silenzio.

Ieri sera ho provato a scrivere questa newsletter.
L’ho riscritta tre volte. Cercavo un’idea potente, un bilancio. Una frase che “lasciasse il segno”.

Alla fine ho chiuso il computer e ho scritto su un foglio solo questa frase:

“Non ho niente da dire.”

È vero. Ma è anche falso.
Perché a guardare indietro, questi sei mesi sono stati pieni.

Ho diretto il primo festival sul digital detox, nato dal nulla.


Ho costruito percorsi trasformativi con le aziende, ascoltato leadership stanche, accompagnato cambi di passo.


Ho condotto vari corporate retreat, in presenza e in natura,
e ne ho organizzato uno - quello nel convento del 1200 - interamente come un atto di giving back. Nessun incarico, nessun contratto. Solo il desiderio sincero di restituire qualcosa. Qui il racconto della Direttrice di Donna Moderna.

Qui ne parla su RTL

Ho scritto progetti che per ora sono semi, ma che sento già vibrare sotto terra.

Ho già scritto articoli per Donna Moderna e sono stato ospitato in diverse interviste.

lanciato un podcast mio,

registrato conversazioni con persone che stimo profondamente, come Massimo Polidoro. Vedi qui.


Ho scritto anche un piccolo racconto sul digital detox per Narratè, infilando dentro parole da sorseggiare piano,

Ho tenuto lezione in diverse Corporate University e recentemente anche alla SDA Bocconi, portando dentro spazi che parlano di business la voce delle emozioni, dei limiti e della necessità di ritrovarsi.

Sono stato ospite in tv, radio e tanti tantissimi eventi.

E poi... tanti altri progetti che adesso non mi ricordo nemmeno.
Ma che ho vissuto, tutti, con la pelle addosso.

E forse è proprio per questo che oggi, in questa stanza silenziosa, non mi viene da dire niente.

Non è solo stanchezza. È come se, dopo mesi a spingere, fosse arrivato il momento di tirare il freno a mano.


Non per smettere.
Ma per non dimenticare cosa mi muove davvero.

È una stanchezza che non vuole essere capita.
Solo accolta. Lasciata scendere dentro, piano.

Forse perché ho capito che più riempiamo, più ci perdiamo.
Più accumuliamo, più ci disconnettiamo da noi stessi.

Questa settimana i ragazzi me lo hanno ricordato.

Uno in particolare. Un ragazzo silenzioso, sempre un passo indietro.
Non ha mai partecipato davvero. Non si è mai “aperto”.
Lo guardavi e avevi l’impressione che avesse alzato un muro dieci anni prima.

I primi giorni ho provato ad avvicinarlo. Una battuta, una domanda. Niente.
Poi ho smesso di provarci.

Oggi, mentre gli altri ridevano a una mia battuta, l’ho guardato per caso.
Lui mi ha guardato. Per un secondo.

Ma in quello sguardo c’era una richiesta silenziosa:
“Ci sei?”

Non ho detto nulla.
Ho solo lasciato che i miei occhi rispondessero:

“Sì. Sono qui.”

Nessuna parola. Nessun passo avanti.

Ma una cosa l’ho sentita chiara:

Quel silenzio non era vuoto.
Era pienezza non detta.

E allora ho capito qualcosa che sapevo già, ma che avevo dimenticato:

Noi adulti, spesso, vogliamo aiutare.
Offrire soluzioni, percorsi, strumenti.

Ma a volte non lo facciamo per l’altro.
Lo facciamo per noi stessi.

Vogliamo sistemare, perché non sopportiamo l’incertezza.
Vogliamo aprire gli altri, perché non abbiamo il coraggio di restare chiusi con loro
.

Mi sono accorto che volevo che parlasse solo per sentirmi utile.
Desideravo il suo cambiamento più di quanto desiderassi rispettarlo.

Ma l’attenzione, lo sguardo silenzioso, la presenza che non pretende nulla,
è già una forma di cura.

Non siamo qui per salvare nessuno.


Siamo qui per restare, anche quando non accade niente.
Anche quando la relazione non segue il copione che avevamo in testa.

Forse è questo che significa davvero esserci.

Non riempire il silenzio.
Non cercare la morale.

Ma abitare il vuoto con gentilezza.

In fondo, anche questa newsletter è un po’ così.
Non ti dà strumenti.
Non ti racconta una svolta.
Non vuole insegnarti nulla.

Ma è qui. Con te.

Come lo sono stato con quel ragazzo.

E magari, anche tu in questi giorni, puoi regalarti questo piccolo gesto rivoluzionario:

non fare niente.
non dire niente.
solo esserci.

in sintesi:

👉 La presenza è più potente della prestazione.

👉 Lo sguardo attento vale più di mille soluzioni.

👉 Fermarsi non è un fallimento. È fedeltà a ciò che ci muove davvero.


👉 Non tutto va risolto. Non tutti vanno “aperti”. A volte, va solo rispettato il silenzio.


E a volte, ciò che sembra “niente” è già tutto.

Alla prossima settimana, sarà l'ultima newsletter prima della pausa.

a.


alcuni scatti del summer camp


l'articolo del ❤️

In questi giorni sono usciti alcuni articoli sulla stampa regionale.
Ho ricevuto tanti attestati di stima.
Ma il riconoscimento più prezioso è stato quello di Chiara, la mia compagna.
Ha sorriso, con quel sorriso lì, che conosce ogni fatica, ogni dubbio, ogni passo dietro le quinte.
Lei c’è sempre. Non davanti, non sopra. Accanto. Leggilo qui.

GRAZIE ❤️


✏️ la frase della settimana

“Nel silenzio, le cose si mettono a posto da sole.”
Haruki Murakami


❤️ Diffondere il “verbo del digital wellbeing”

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