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Digital Detox

forse anche tu ultimamente ti senti come me...


Buongiorno Reader

questa non è l’ennesima newsletter per fare di più: è per stare meglio.
benvenuti/e nello spazio dove parliamo di digital detox: vita vera prima degli schermi.
Per vivere (non solo sopravvivere) tra notifiche, email e chat infinite e intelligenza artificiale.
Piccoli passi, grandi cambiamenti.

Ecco le tre cose di oggi.

  • Su questo numero settimanale di Chi trovi anche una mia intervista. Corri in edicola! Grazie, come sempre, ad Angelica Amodei. Nel mentre è uscita una mia intervista su la Gazzetta. QUI Grazie Anna Castiglioni.

  • Sabato 4 e domenica sarò in Abruzzo, a Rocca Calascio con l’hub Giffoni Film Festival. Sabato 12 ottobre sarò a Milano per l'evento di Donna Moderna & Starbene "I feel good".


Poi il resto te lo racconto più giù.
Tre, due, uno. Si parte.


dalla conoscenza alla coscienza

Sono le 9:47 di mercoledì 1 ottobre. La newsletter (del mercoledì) non è uscita alle 7. Non è uscita proprio.

Non perché me ne sia dimenticato. Ma perché martedì, quando ho aperto il file per scrivere, ho guardato lo schermo vuoto per quasi un minuto. Poi ho chiuso il computer.

La settimana scorsa mi sono svegliato alle 5:00. Dovevo rispettare l'impegno con te, dovevo "uscire con la newsletter". Ho scritto, corretto, inviato. Poi ho riletto e ho sentito un vuoto allo stomaco. Era vuota. Parole in fila, concetti corretti, zero anima.

Dieci persone si sono disiscritte. Un numero che mi ha fatto male.

Ma che mi ha anche detto la verità: quando scrivi senza anima, le persone lo sentono.

Sto scrivendo dalla carrozza silenzio di un frecciarossa. Sto ritornando da Belluno.

Fuori il paesaggio scorre veloce: colline, case con le luci accese, vite che non incontrerò (forse) mai. Il caffè che ti offrono a bordo è imbevibile come sempre, ma l'ho preso lo stesso.

Io sono fermo, seduto. Ma qualcosa dentro si sta muovendo.

Martedì ero a Belluno. Intervento, applausi, strette di mano. Rientrato in hotel, una parte di me diceva: "Devi scrivere." L'altra, più vera, ha sussurrato: "No. Vai a letto. Leggi. Dormi."

Ho scelto la seconda.

E stamattina, invece di svegliarmi in colpa, mi sono svegliato con qualcosa da dire.

Forse anche tu ultimamente senti questa stessa sensazione.

Quella di essere sempre in corsa, ma mai davvero dove vuoi essere. Di rispondere a mail, messaggi, richieste, ma di non ricordare l'ultima volta che hai fatto qualcosa solo perché volevi.

Forse quando scorri le notifiche mentre tuo figlio ti parla. O quando dici "sì" a un progetto che non vuoi fare perché hai paura di deludere. O quando ti svegli già stanco e pensi: "Ancora una settimana così."

Forse anche tu hai quella voce che ti dice: "Ma è davvero questo che voglio? O sto solo correndo perché mi hanno detto che bisogna correre?"

E ti senti come su questo treno: fermo, mentre tutto scorre veloce fuori.

Questa mia inquietudine deriva dal fatto che sto lavorando al "nuovo". Grandi novità mi aspettano. Ci aspettano.

Non so ancora bene cosa sia, ma sento che sarà un'opportunità per rimettermi in discussione, studiare, immaginare, creare.

E proprio mentre cerco di ascoltare cosa emerge da dentro, mi ritrovo immerso in un mondo che va nella direzione opposta.

Studio l'intelligenza artificiale, rispondo a notifiche, salto da una call all'altra. È come entrare in un fast food mentale. Tutto veloce, tutto disponibile, tutto già pronto.

Ma dove trovi il pasto cucinato con le mani? Quello che sa di tempo, di cura, di casa?

Non è solo l'AI il problema. È tutta la cultura del sempre on, del devi "rispondere subito", del "se rallenti sei fuori"

E forse è per questo che martedì, davanti a una sala piena di giovani imprenditori, ho sentito il bisogno di dire una cosa che normalmente non si dice in quei contesti.

All'assemblea generale dei giovani industriali di Confindustria Belluno ho parlato di spiritualità.

In una sala dove normalmente si parla di numeri, fatturati, margini.

Ho parlato di persone che sono dormienti di giorno e nottambuli di notte. Di aziende che bruciano persone e, bruciandole, bruciano valore. Di talento che non cerca più solo stipendi alti, ma spazi e tempi dove poter vivere e magari contribuire all'impatto.

E poi ho detto:

In un'epoca in cui (con l'intelligenza artificiale) possiamo avere risposte infinite in un secondo, l'umano non si distingue più per quello che sa. Si distingue per la coscienza.

L'umano si trova ORA nel passaggio dalla conoscenza alla coscienza.

Alla fine dell'intervento, si è avvicinato un giovane imprenditore. Camicia stirata, sguardo stanco ma educato.

"Guardi, Prof," mi ha detto, "quello che dice lei è bello. Ma noi siamo qui per far girare le aziende. Ed è già difficile così. Quello che dice lei è lontano dalla quotidianità. Bisogna pensare anche ai numeri"

L'ho guardato. Non con sufficienza, ma con rispetto vero.

"Lo so," gli ho risposto. "Ci credo. Ed è proprio per questo che siamo così."

"Vede, è esattamente perché è difficile far girare le aziende che non possiamo più permetterci di bruciare le persone. Perché quando bruci le persone, non stai risparmiando tempo. Stai solo posticipando il conto."

Incalzo:

"Lei pensa che fermarsi a chiedersi "il perché" sia un lusso.

Io penso che non chiederselo sia diventato il costo più alto.

Perché quando perde il suo miglior collaboratore perché è esaurito, o quando non trova più talento disposto a lavorare con lei, o quando sta costruendo qualcosa che non le somiglia più... quello non è lontano dalla quotidianità. Quello è la quotidianità."

È rimasto in silenzio. Poi ha annuito, mi ha stretto la mano, ed è andato via.

Nel treno che mi riporta a casa, ho pensato a lungo a quella frase:

"È lontano dalla quotidianità."

Ed è vero. È lontano.

Perché la quotidianità è diventata questo: correre senza fermarsi, rispondere senza pensare, produrre senza chiedersi perché.

Il problema non è che il senso sia lontano dalla quotidianità. Il problema è che la quotidianità si è allontanata troppo da noi.

La vera scarsità oggi non è più il know-how. È il know-why.

È quella capacità di sentire, connettersi, dare peso alle cose. Di dire "questo sì, questo no" con tutto il corpo.

Di scegliere dove mettere l'attenzione, dove investire l'energia, a chi dare tempo.

La tecnologia ci dà infinite opzioni. Ma solo noi possiamo scegliere con intenzione. Solo noi possiamo avere un impatto vero quello che lascia traccia nel mondo e nelle persone.

Viviamo in un'epoca segnata dal rumore. Digitale, mentale, esistenziale. Tutto è relativo, tutto scivola via senza peso.

Ma c'è qualcosa che resiste: l'intenzione.

La spiritualità quella vera, non quella da post motivazionale è quella ricerca che ti costringe a fermarti e chiederti: "Perché faccio quello che faccio? A cosa sto dando la mia energia? Cosa voglio proteggere?"

È come avere una bussola interna quando tutti navigano a vista. È sapere distinguere il rumore dal segnale.

In un mondo dove tutto è veloce, liquido, sostituibile, l'intenzione è l'ancora.

Oggi, in mezzo a tutto questo rumore, cosa scegli di proteggere?

Non domani. Oggi.

Io ho scelto di proteggere il ritmo. Di scrivere quando ho qualcosa da dire, non quando devo dire qualcosa per forza.

Proprio come stamattina sul treno: fuori tutto correva veloce, ma io dovevo stare fermo per sentire cosa si stava muovendo dentro.

Prima di andare a dormire stasera, prendi un foglio. Fai due colonne.

Nella prima: una cosa che vuoi smettere di fare. Un'abitudine che ti consuma. Un "sì" che in realtà è un no.
Nella seconda: una cosa che vuoi proteggere. Un ritmo. Un'attenzione. Una relazione. Uno spazio di silenzio.

Non serve un piano. Serve solo scegliere.

Forse stai pensando: "Alessio, è bello. Ma io domani mattina ho una presentazione, tre riunioni, e un cliente incazzato. Come faccio?"

È esattamente per questo che devi farlo. Non nonostante la presentazione. Ma proprio perché c'è.

Se aspetti il momento giusto per fermarti, quel momento non arriverà mai.

Se aspetti di avere meno da fare per chiederti cosa vuoi davvero, continuerai a fare cose che non vuoi per sempre.

L'esercizio del foglio non è per quando avrai tempo. È per adesso. Anche se hai solo cinque minuti.

Perché quei cinque minuti sono l'unica cosa che nessuno può toglierti. Come questi che ti sei preso/a per arrivare fin qui.

Grazie per essere qui. Anche oggi


ci vediamo in Val di Fassa?

Ho lanciato un nuovo format che ho chiamato Daily Retreat.

L'idea è nata da una riflessione personale: quanto spesso ci concediamo davvero una pausa dalla frenesia digitale? Quanto tempo dedichiamo a noi stessi, lontano da notifiche, scroll infiniti e il richiamo costante dello smartphone?

I Daily Retreat sono micro-ritiri giornalieri: brevi momenti di disconnessione consapevole per ritrovare focus, energia e chiarezza mentale. Non servono giorni interi o location esotiche - bastano piccoli gesti quotidiani per fare la differenza.

Ci vediamo in Val di Fassa: la sera prima presenterò il libro a Moena, poi vivremo insieme una giornata di ritiro nella natura delle Dolomiti.

Prenota qui.


🗞️ l'articolo della settimana

L'altro giorno ho letto un articolo sul New York Times che mi ha fatto sorridere, ma anche pensare parecchio.

Nel Kentucky hanno vietato gli smartphone a scuola. Risultato? In una scuola i ragazzi hanno preso in prestito più libri in 17 giorni che in tutto l'anno precedente.

Coincidenza? Non credo. Soprattutto quando scopri che dal 2013 - l'anno in cui gli smartphone sono diventati parte del corpo degli adolescenti - i test di lettura nazionali sono in caduta libera. Oggi un terzo degli studenti all'ultimo anno non capisce neanche un discorso politico. E i ragazzi non sanno leggere le ore nell'orologio.

Ma ecco la provocazione: non basta togliere il telefono. Sarebbe da luddisti.

Io penso che funzioni perché finalmente facciamo lavorare la parte più emozionale del cervello al mattino quando leggi, quando crei, quando devi trovare qualcosa da fare con le tue mani e la tua testa. E poi, nella seconda parte della giornata, usiamo la tecnologia. Ma la usiamo bene, con consapevolezza.

Il problema non è il device. È come e quando lo usiamo.

Non dobbiamo essere luddisti. Dobbiamo essere intelligenti.


👨‍💻 i link della settimana

  • Devi leggere assolutamente l'articolo sul "vero perchè siamo così attaccati ad uno smartphone "della mia amica, giornalista e vicina di casa Nina Gigante. Qui

  • Un mio articolo su Donna Moderna sulla questione smartphone a scuola. QUI

  • L'Università Luiss ha lanciato LockBox: per sbloccare le app devi fisicamente raggiungere una delle cento "box" nel campus. Un interessante progetto Digital Detox. QUI

✏️ la frase della settimana

"Siamo diventati così abituati ad essere raggiunti che abbiamo dimenticato come raggiungere noi stessi."


❤️ cosa possiamo "fare" insieme?

Ho formato più di 15.000 persone a ridurre lo stress digitale, ritrovare focus e migliorare le relazioni.

🏢 In azienda e istituzioni → meno overload da email e notifiche, più produttività e benessere per i team.
🌿 Eventi e retreat → esperienze immersive e talk che ispirano, con strumenti pratici da riportare nella vita di tutti i giorni.
🏫 Nelle scuole e con i genitori → percorsi che insegnano a studenti, docenti e famiglie a crescere con la tecnologia senza esserne travolti.


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